Il 16 giugno il Senato ha approvato una serie di misure che impegneranno il Governo nell’affrontare l’emergenza climatica. In particolare, a Palazzo Madama è stata riconosciuta l’urgenza di intervenire in maniera tempestiva ma prima di tutto in ottica integrata, considerando i rischi del cambiamento climatico insieme ad altri elementi naturali rappresentati dal rischio sismico, idrogeologico e vulcanico, unitamente alla valorizzazione del patrimonio abitativo. Qui di seguito il testo della mozione approvata.
Il Senato,
premesso che:
il nostro Paese si confronta con sempre maggiore frequenza con eventi climatici estremi, che rappresentano l’effetto dei profondi mutamenti climatici subiti dal pianeta; alluvioni, siccità, ondate di calore, innalzamento del livello del mare ed aumento del cuneo salino si susseguono senza sosta, in diverse parti del mondo, determinando lutti e danni economici a persone, animali e interi sistemi produttivi;
il cambiamento climatico in atto è direttamente influenzato dalle attività umane, siano esse industriali o meno, come dimostrano ormai numerosi studi scientifici, a cominciare da quelli elaborati dall’Intergovernmental panel on climate change (IPCC), il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite; in assenza di azioni concrete per invertire tale tendenza, dunque, entro pochi anni ci si potrebbe trovare di fronte ad un punto di non ritorno; le emissioni di gas serra, l’inquinamento dell’aria e delle acque, il degrado di matrice antropica dei terreni hanno infatti generato profondi mutamenti tali da comportare che il circolo vizioso dell’emergenza climatica possa essere spezzato unicamente attraverso azioni decisive, immediate e continuative;
l’urgenza di un intervento decisivo e immediato per invertire tale processo non è quindi più in alcun modo rinviabile, come ampiamente dimostrato dal sempre crescente numero di allarmi che giungono dall’intera comunità scientifica;
secondo l’ultimo rapporto del gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, si hanno soltanto 11 anni a disposizione per evitare la catastrofe ambientale ovvero il momento nel quale i cambiamenti saranno divenuti non più ripristinabili; l’organismo scientifico dell’ONU ha invitato tutti i legislatori e i governi ad assumere misure senza precedenti nella storia recente;
la nuova Commissione europea guidata dalla presidente Ursula Von der Leyen si è orientata, sin dal suo insediamento, a dare priorità all’ambiente e al clima per «rendere l’Europa il primo continente a emissioni zero entro il 2050», favorendo verifiche di impatto sociale, economico e ambientale in grado di stimolare «innovazione, competitività e occupazione»; il 14 gennaio 2020, a questo scopo, è stato presentato l’atteso progetto legislativo sul “Green Deal” finalizzato a finanziare tra il 2021 e il 2027 la transizione verso la neutralità climatica entro il 2050, con azioni volte a promuovere l’uso efficiente delle risorse passando a un’economia pulita e circolare, ripristinare la biodiversità e ridurre l’inquinamento, investendo in tecnologie rispettose dell’ambiente, sostenendo l’industria nell’innovazione, modificando il trasporto privato e pubblico per renderlo più pulito, economico e sano, decarbonizzando il settore energetico, garantendo una maggiore efficienza energetica degli edifici; a questo scopo, l’Unione europea ha inteso far leva sugli strumenti finanziari dell’UE, in particolare “InvestEU”, per mobilitare investimenti pubblici e fondi privati che si dovrebbero tradurre in almeno 1.000 miliardi di euro di investimenti, ed ha introdotto il “meccanismo per una transizione giusta”, per mobilitare almeno 100 miliardi nel periodo 2021-2027, per attenuare l’impatto socioeconomico della transizione all’economia verde;
il 27 maggio 2020, poi, la Presidente della Commissione europea, Von der Leyen, ha presentato, nel corso della sessione plenaria straordinaria del Parlamento europeo, per garantire la risposta efficace dell’Europa alla crisi da COVID-19 lo strumento denominato “Next Generation EU”: proposta di Bilancio UE 2021-2027, cui si affianca un Recovery Instrument di 750 miliardi di euro, per aiutare i settori maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria e rilanciare gli investimenti in Europa;
nei tre pilastri del “Next Generation EU”, uno dei focus trasversali è quello diretto a sostenere le transizioni verde e digitale; ciò sia nel sostegno agli Stati per investimenti e riforme, in particolare accelerare la transizione verso la neutralità climatica, e a questo scopo la Commissione incrementerà anche i finanziamenti per il Fondo per una transizione giusta fino a 40 miliardi di euro e propone di rafforzare il bilancio del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale di 15 miliardi per aiutare le zone rurali a introdurre i cambiamenti strutturali richiesti dal Green Deal europeo; sia nel sostegno agli investimenti privati, che interesserà le imprese economicamente sostenibili in difficoltà, a causa della crisi da Coronavirus per aiutarle nella loro trasformazione verde;
sarebbe dunque essenziale procedere, in particolare in l’Italia, ad una programmazione economico- industriale a lungo termine, per il rilancio del nostro sistema-Paese: un piano di rilancio ambientale da sviluppare nei prossimi anni al fine di una riconversione ecologica compiuta;
vista la provata correlazione tra l’inquinamento e il diffondersi di microorganismi pericolosi per la salute umana, come per esempio il Coronavirus;
considerato che:
gli effetti dei cambiamenti climatici non generano solo conseguenze ambientali, ma anche profonde conseguenze sociali. Con la pubblicazione, il 19 marzo 2018, del rapporto su migrazioni e clima (Groundswell: “Preparing for internal climate migration”), la Banca mondiale ha lanciato un nuovo allarme sulle conseguenze sociali dei cambiamenti climatici. Entro il 2050, infatti, potrebbe arrivare a 143 milioni il numero di persone costrette ad abbandonare le proprie case per colpa dei fenomeni meteorologici estremi o delle condizioni ambientali diventate invivibili;
l’Organizzazione mondiale della sanità ha a sua volta evidenziato l’incidenza del cambiamento climatico sugli elementi sociali ed ambientali che hanno effetti diretti sulla salute, cioè aria pulita, acqua potabile, cibo in quantità sufficienti, sicurezza e condizioni igieniche degli alloggi, messi in pericolo da inondazioni, ondate di calore, incendi, siccità, così come il limitato accesso all’acqua in conseguenza proprio dal cambiamento climatico che genera la fosca previsione di un incremento sostanzioso dei decessi (oltre 250.000 annui) nel periodo tra il 2030 e il 2050;
in Europa i disastri naturali del 2018 sono stati simili a quelli registrati negli anni 2014, 2015, 2016 e 2017, con un totale di 113 eventi con perdite di 16 miliardi di euro. Le perdite maggiori sono state causate dalla siccità, costata circa 4 miliardi di dollari; nel 2018 si sono contati 850 disastri naturali, soprattutto alluvioni, inondazioni, frane, uragani e tempeste;
nonostante ciò, appare preoccupante il dato che vede l’Italia dal 1998 al 2018 spendere, secondo dati Ispra, circa 5,6 miliardi di euro (300 milioni all’anno) in progettazione e realizzazione di opere di prevenzione del rischio idrogeologico, a fronte di circa 20 miliardi di euro spesi, secondo dati del CNR e del Dipartimento della protezione civile, per “riparare” i danni del dissesto (un miliardo all’anno in media, considerando che dal 1944 ad oggi sono stati spesi 75 miliardi di euro);
uno studio internazionale pubblicato dalla rivista scientifica “Climate” ha precisato che i danni per le inondazioni in Europa potrebbero arrivare a costare 17 miliardi di euro all’anno, qualora le temperature medie dovessero salire di 3 gradi centigradi rispetto alla media preindustriale, mentre il numero di cittadini che subiranno le conseguenze delle piene potrebbe raggiungere le 780.000 unità, in crescita del 123 per cento rispetto ad oggi. Il problema, dunque, non riguarderebbe solo il sud del mondo;
in Italia la situazione non è migliore; il 2018 è stato l’anno più caldo per il nostro Paese dal 1800 e si assiste al susseguirsi di record che non possono lasciare indifferenti. Nubifragi, siccità, ondate di calore sempre più forti e prolungate, fenomeni meteorologici intensi ed estremi, dovuti in primis ai cambiamenti climatici, stanno causando danni ai territori e alle città, indietro nelle politiche di adattamento al clima, e alla salute dei cittadini; soltanto nel 2018 sono state 32 le vittime ricollegabili a 148 eventi estremi che si sono succeduti lungo tutta la penisola; 66 sono i casi di allagamenti da piogge intense; 41 casi, invece, di danni da trombe d’aria, 23 di danni alle infrastrutture e 20 da esondazioni fluviali;
da ultimo si veda quanto è avvenuto a Venezia, ove si è avuta una sequenza di maree eccezionali, mai verificatasi in precedenza, con l’acqua alta che ha raggiunto quota 187 centimetri, la seconda marea più elevata di sempre dopo l’alluvione del 1966; l’alta marea ha, come noto, colpito anche le isole di Lido e di Pellestrina e Chioggia; in ogni caso, la frequenza delle maree eccezionali che hanno colpito la città è stato causato in via principale dal cambiamento climatico, la cui portata rischia di mettere in difficoltà la sopravvivenza non solo della città lagunare ma anche di significative porzioni della terraferma;
contestualmente si sono verificati eventi meteorologici eccezionali che hanno investito con conseguenze drammatiche l’intero territorio italiano: dal Piemonte, in particolare nell’alessandrino, alla Liguria, con il crollo di un viadotto autostradale sulla A6, dalla Calabria con Reggio Calabria, alla Basilicata con Matera e il metapontino, ed allerta rossa per il maltempo;
nonostante la portata storica dell’accordo di Parigi siglato nel 2015, la strada per la sua attuazione procede con lentezza e fatica per le resistenze degli Stati ad assumere decisioni coraggiose e capaci di superare un modello di sviluppo divenuto ormai insostenibile sotto il profilo ambientale ma anche sotto quello sociale ed economico;
nella Cop24 (conferenza delle parti della convenzione internazionale sui cambiamenti climatici) tenutasi nel dicembre 2018 a Katowice, in Polonia, è stato fatto il punto sullo stato di avanzamento degli impegni assunti dai membri della comunità internazionale; elemento positivo è stato l’aver dotato l’accordo del 2015 di linee guida (rulebook) per la sua attuazione a partire dal 2020, ma non sono stati purtroppo concordati impegni sull’adozione di un quadro normativo vincolante e condiviso;
il 23 settembre 2019 si è svolto a New York il Climate action summit 2019 dedicato a raccogliere nuove iniziative e gli impegni di governi, imprese e società civile per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e per orientare l’azione verso la sostanziale riduzione a zero delle emissioni entro il 2050;
nel mese di dicembre si è tenuta a Madrid la conferenza delle parti della convenzione internazionale sui cambiamenti climatici (Cop25), che ha riunito scienziati, uomini d’affari, rappresentanti istituzionali, organizzazioni non governative e governi di tutto il mondo, per incontri e trattative ufficiali che avevano l’obiettivo di stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera e di limitare ben al di sotto dei 2 gradi l’aumento della temperatura, realizzando quegli impegni vincolanti tra i Paesi partecipanti per la piena attuazione dell’accordo di Parigi, che deve entrare pienamente in vigore entro gennaio 2020; tuttavia, la Cop25 non è riuscita a rispondere con strumenti adeguati e programmi ambiziosi alle impellenti esigenze di risposta al cambiamento climatico;
ripetutamente, negli ultimi mesi, giovani e studenti si sono riuniti nelle piazze di tutto il mondo nelle manifestazioni “Youth for Climate”, comprese quelle italiane, sull’esempio dell’adolescente svedese Greta Thunberg, chiedendo l’impegno concreto dei Governi nazionali nel contrasto dei cambiamenti climatici e per salvare il pianeta non pregiudicandone oltre il futuro;
considerato altresì che:
secondo gli scienziati dell’IPCC, il tempo per giungere ad un’inversione di marcia sul cambiamento climatico è davvero breve: secondo tali previsioni si avrebbe tempo fino al 2030 per contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi e, anche sulla scorta di tali previsioni scientifiche allarmanti, molti parlamenti di Paesi europei hanno dichiarato lo stato di emergenza climatica;
per dare una risposta a queste istanze bisogna investire al più presto in innovazione e ricerca, green economy, riduzione delle diseguaglianze, investimenti in infrastrutture e manutenzione;
in questo drammatico contesto l’Italia ha la possibilità di assumere un ruolo da protagonista sui temi del cambiamento climatico, della tutela del paesaggio e del suolo, della transizione verso forme di energia sostenibili ed ecologiche, coniugandole con il sostegno alle nuove tecnologie e alle azioni delle comunità locali, della società civile, delle istituzioni universitarie, il tutto per uscire quanto prima dalla crisi climatica, economica e sociale;
è positivo che nel programma il Governo, al punto 7 dei 29 punti programmatici, sia stata espressamente prevista la realizzazione di un “green new deal”, che comporti un radicale cambio di paradigma culturale e porti ad inserire la protezione dell’ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali del nostro sistema costituzionale. Viene stabilito, altresì, che tutti i piani di investimento pubblico dovranno avere al centro la protezione dell’ambiente, il progressivo e sempre più diffuso ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto ai cambiamenti climatici. Viene, inoltre, stabilità la necessità di adottare misure che incentivino prassi socialmente responsabili da parte delle imprese e perseguano la piena attuazione della eco-innovazione. Vengono, infine, espressamente richiamati i principi dello sviluppo tecnologico sostenibile e le ricerche più innovative in modo da rendere quanto più efficace la “transizione ecologica” e indirizzare l’intero sistema produttivo verso un’economia circolare, che favorisca la cultura del riciclo e del riuso e dismetta definitivamente la cultura del rifiuto;
è fondamentale rimarcare che un green new deal non deve essere solo un’agenda di impegni, seppur in chiave verde e sostenibile, ma deve essere un programma organico, sociale ed economico, che ha tra i principali obiettivi la decarbonizzazione dell’economia, l’economia circolare, la rigenerazione urbana, il turismo sostenibile, l’adattamento e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico così come allo stesso tempo un programma che comporti un “fisco green” capace di sostenere la transizione ecologica e sostenga le attività di prevenzione del rischio di danno ambientale, tramite una legislazione che attui pienamente il principio del “chi inquina paga” e della responsabilità estesa del produttore che realizza prodotti e sistemi produttivi impattanti;come noto, il green new deal è il perno della strategia di sviluppo del Governo e si inserisce nel disegno di bilancio 2020 con la finalità di promuovere il benessere equo e sostenibile, la cui programmazione è stata introdotta in Italia in anticipo rispetto agli altri Paesi europei;
altrettanto essenziale ed urgente è progredire nelle politiche di adattamento al cambiamento climatico che rivisiti e renda più incisive le politiche di prevenzione e mitigazione dei rischi e dei danni prodotti dalle frane e dalle alluvioni; in questo senso, va affrontato il dissesto idrogeologico con una gestione del territorio che tenga conto del nuovo contesto climatico in modo tale che rischi e danni possanoessere prevenuti e mitigati, e particolare attenzione deve essere riservata ai temi della rigenerazione urbana e a norme più incisive sul consumo del suolo nonché a tutti gli interventi, in una logica infrastrutturale, di ripristino degli habitat e delle reti idrografiche;
il Governo, attraverso l’articolo 1 del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 141, ha già istituito il programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell’aria in cui sono indivi
date le misure di competenza nazionale da porre in essere al fine di assicurare la corretta e piena attuazione della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, volta a contrastare i cambiamenti climatici. È auspicabile che tale politica strategica nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici si coordini con il nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) e con la pianificazione di bacino per il dissesto idrogeologico e che venga approvato e attuato con urgenza il PNACC (piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici); è stata altresì riconosciuta la necessità della trasformazione del CIPE in CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e per lo sviluppo sostenibile), come strumento di indirizzo strategico di tutti gli investimenti pubblici per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite;
vanno considerate, altresì, un passo nella giusta direzione le recenti misure poste in essere dal Governo in ordine alla riforestazione, comprensive di misure per la messa a dimora di alberi, di reimpianto e di silvicoltura, e per la creazione di foreste urbane e periurbane nelle città metropolitane con l’obiettivo di garantire la salvaguardia ambientale, la lotta e l’adattamento al cambiamento climatico così come previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34;
la legge di bilancio per il 2020 ha previsto, altresì, misure importanti per transizione ambientale, tra cui il fondo investimento delle amministrazioni centrali, finalizzato al rilancio degli investimenti sull’economia circolare, alla decarbonizzazione dell’economia, a misure di sostegno e per l’innovazione nel comparto agricolo, uno tra i settori maggiormente colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici, alla riduzione delle emissioni, al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale, l’estensione degli incentivi di “industria 4.0” per le imprese che realizzano progetti ambientali nell’ambito dell’economia circolare così come il piano “rinascita urbana” finalizzato a migliorare la qualità dell’abitare e che punta, inter alia, alla riqualificazione urbana e delle periferie;
è necessario affrontare in modo integrato i rischi del cambiamento climatico con altri rischi naturali rappresentati dal rischio sismico, idrogeologico e vulcanico, unitamente alla valorizzazione del patrimonio abitativo,
impegna il Governo ad adottare iniziative per:
1) riconoscere la necessità di intervenire per affrontare l’emergenza ambientale e climatica nel nostro Paese ed operare, in raccordo con il Parlamento, per consentire in tempi rapidi e certi, nel rispetto delle indicazioni scientifiche e degli accordi internazionali, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e la progressiva decarbonizzazione dell’economia;
2) accelerare la realizzazione degli interventi di mitigazione ed adattamento al cambiamento climatico, in particolare sul fronte della prevenzione del dissesto idrogeologico;
3) sostenere l’azione parlamentare tesa all’inserimento del principio della tutela della natura, dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile nella Costituzione;
4) rafforzare le misure contenute nel piano nazionale integrato per l’energia e il clima per dare piena attuazione agli impegni adottati nell’ambito dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici;
5) procedere alla ricognizione degli incentivi esistenti per l’efficientamento energetico, anche per favorire l’utilizzo migliore delle tecnologie esistenti per aumentare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, incrementare lo sviluppo del solare fotovoltaico, la valorizzazione delle aree verdi e per il sostegno all’utilizzo di tecniche e materiali di edilizia ecocompatibile, adottando le iniziative necessarie per la loro razionalizzazione e stabilizzazione e favorire l’autoproduzione distribuita di energia da fonti rinnovabili;
6) attuare ogni misura che favorisca la transizione dall’economia lineare verso un modello di economia circolare basato su un uso efficiente delle risorse naturali, su una corretta gestione dell’acqua e su un virtuoso ciclo dei rifiuti che punti, nel rispetto della gerarchia europea, alla riduzione, al riuso e al recupero di materia ed energia, rispettando i tempi per il recepimento nell’ordinamento giuridico nazionale delle direttive europee del “pacchetto economia circolare” che permetta di prolungare la durata, l’uso condiviso e la riparazione dei prodotti, incrementando il riciclo e migliorando l’impiego e l’innovazione dei materiali riciclati e delle tecnologie di produzione, nonché, in materia di rifiuti, di imballaggi, discariche, rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso e pile, che riduca il conferimento in discarica e favorisca raccolta e gestione differenziata dei rifiuti;
7) pervenire alla progressiva riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD) di cui alla legge 28 dicembre 2015, n. 221, attraverso un percorso di transizione che contempli ipotesi alternative e compensative con carattere di sostenibilità, come previsto dall’art. 1, comma 98, della legge di bilancio per il 2020 (di cui alla legge n. 160 del 2019), con l’obiettivo di salvaguardare, innovare e rafforzare le attività produttive collegate, con misure volte alla loro conversione ecologica, a cominciare dall’agricoltura;
8) elaborare politiche di trasporto, edilizia e modelli produttivi sostenibili che rispondano in maniera coerente alla necessità di adattamento ai cambiamenti climatici e che coinvolgano Regioni e Comuni;
9) favorire la transizione verso un sistema di trasporto pubblico sostenibile e verso la mobilità elettrica, pubblica e privata, con l’obiettivo della completa decarbonizzazione (emissioni zero) del settore;
10) attuare, al fine di ridurre gli sprechi energetici, un percorso di ecoefficienza energetica da applicare al patrimonio pubblico e privato;
11) intervenire in materia di politica industriale e di riqualificazione del settore manifatturiero, sostenendo e favorendo la transizione equa e giusta verso un modello economico-produttivo ecologicamente sostenibile;
12) adottare, nell’ambito delle proprie competenze, ogni iniziativa finalizzata alla decarbonizzazione dell’economia fissando come obiettivo l’impatto climatico zero entro il 2050, come indicato dalla strategia a lungo termine dell’Unione europea per la riduzione delle emissioni di gas serra (COM(2018) 773 del 28 novembre 2018);
13) promuovere lo sviluppo di sistemi ecoefficienti di produzione ricorrendo alla bioeconomia e all’ecodesign;
14) realizzare un grande programma di investimenti pubblici orientati ai principi della sostenibilità ambientale, con azioni di riqualificazione energetica e messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici e privati;
15) favorire le politiche di rigenerazione urbana delle città e del tessuto urbano, di tutela dei beni culturali, paesaggistici e degli ecosistemi, di contrasto al nuovo consumo di suolo e all’abusivismo edilizio, stabilendo modalità e certezze per la riqualificazione energetica del patrimonio pubblico, abbandonando il modello dell’urbanistica espansiva e adottando una nuova governance che agevoli le procedure che favoriscono l’innovazione;
16) individuare, in particolare, le azioni e le politiche di mitigazione e adattamento del territorio con uniformità di indirizzi in tutto il Paese ma con considerazione specifica per quelle aree del Paese sottoposte a più forte rischio idrogeologico o soggette con frequenza a eventi meteorologici estremi dagli effetti devastanti su uomini, attività economiche e territorio;
17) garantire un adeguato utilizzo i fondi a disposizione del nostro Paese, combinando contributi europei previsti nella programmazione europea, anche per il periodo 2021-2027, e risorse nazionali, per accompagnare la transizione e il superamento dell’utilizzo dei combustibili fossili, con l’attuazione della strategia energetica nazionale che punti sul risparmio e sull’efficienza energetica e sull’utilizzo su larga scala delle energie rinnovabili;
18) realizzare un piano strutturale di messa in sicurezza del territorio, con politiche di prevenzione e mitigazione del rischio e di adattamento ai cambiamenti climatici;
19) promuovere, in particolare, lo sviluppo della filiera agricola biologica e delle buone pratiche agronomiche, in modo da ridurre l’impatto della chimica nel suolo e tutelare le risorse sotto il profilo qualitativo e quantitativo, aumentare e mantenere la qualità del territorio, la fertilità organica del suolo ed il sequestro di carbonio;
20) favorire l’occupazione giovanile attraverso l’introduzione di incentivi e agevolazioni fiscali per le imprese che assumono a tempo indeterminato giovani per svolgere attività finalizzate alla salvaguardia delle risorse naturali, con particolare riferimento alla protezione del territorio e alla gestione delle emergenze, nonché all’implementazione delle fonti di energia rinnovabili e allo sviluppo della economia circolare;
21) attuare la strategia nazionale per Io sviluppo sostenibile, rendendo pienamente operativa la cabina di regia “Benessere Italia”, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 giugno 2019;
22) farsi promotore nelle opportune sedi internazionali, tra le quali rivestirà importanza particolare il prossimo incontro della conferenza delle parti della convenzione internazionale sui cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow nel novembre 2020 (Cop26), in accordo e coordinamento con le istituzioni europee, di ogni necessaria azione che permetta di giungere al traguardo dell’adozione di un quadro normativo vincolante e condiviso per l’attuazione dell’accordo di Parigi, e più in generale di politiche a livello globale tese ad un reale cambio di direzione in tutti i settori dell’economia che consenta, in tempi rapidi e certi, nel rispetto delle indicazioni scientifiche entro un accordo internazionale, la transizione energetica verso la riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera e la progressiva e rapida decarbonizzazione dell’economia.