Domani si celebra: l’Earth Day (Giornata della Terra), la più grande manifestazione ambientale del pianeta, l’unico momento in cui tutti i cittadini del mondo si uniscono per celebrare la Terra e promuoverne la salvaguardia.
L’Earth Day nato il 22 aprile 1970 per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra, nel tempo, è divenuto un avvenimento educativo ed informativo. I gruppi ecologisti lo utilizzano come occasione per valutare le problematiche del pianeta: l’inquinamento di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, le migliaia di piante e specie animali che scompaiono, e l’esaurimento delle risorse non rinnovabili. Si insiste in soluzioni che permettano di eliminare gli impatti negativi delle attività antropiche, cioè dell’uomo. Queste soluzioni includono il riciclo dei materiali, la conservazione delle risorse naturali come il petrolio e i gas fossili, il divieto di utilizzare prodotti chimici dannosi, la cessazione della distruzione di habitat fondamentali come i boschi umidi e la protezione delle specie minacciate.
Nel corso degli anni la partecipazione internazionale all’Earth Day è cresciuta superando oltre il miliardo di persone in tutto il mondo: è l’affermazione della “Green Generation”, che guarda ad un futuro libero dall’energia da combustibili fossili, in favore di fonti rinnovabili, alla responsabilizzazione individuale verso un consumo sostenibile, allo sviluppo di una green economy e a un sistema educativo ispirato alle tematiche ambientali.
L’inquinamento plastico è uno dei problemi più complessi al mondo. Per rispondere efficacemente a questa sfida, i cittadini devono essere educati e preparati. Per la Giornata della Terra 2018, le comunità devono condurre azioni di promozione per diminuire l’ inquinamento plastico. Adesso più che mai, dipende da tutti noi utilizzare questa opportunità per costruire il cambiamento di cui abbiamo bisogno.
La plastica, è un materiale presente ormai anche in ciò che mangiamo e beviamo. La gigantesca isola di plastica che si è creata nell’Oceano Pacifico, rappresenta una terribile minaccia per l’ecosistema e gli esseri umani, si estende su una superficie pari a cinque volte quella dell’Italia. Questa massa di rifiuti è stato ribattezzato il “settimo continente del pianeta” è vasto ormai da 1,6 milioni di chilometri quadrati, al suo interno galleggiano ottantamila tonnellate di rifiuti. Oggi si calcola che 200 chilogrammi di plastica vengono riversati nei mari ogni secondo.
Dal 1950 ad oggi, le industrie di tutto il mondo hanno sfornato 8,3 miliardi di tonnellate di plastica ( studio statunitense pubblicato nel 2017 su Science Advances). Dopo cemento e acciaio, infatti, è proprio la plastica il materiale più fabbricato dall’uomo. Circa l’ 83% dei campioni di acqua di rubinetto, testati nel corso di un’inchiesta condotta in tutto il mondo sono risultati contaminati da materiali plastici. Il risultato peggiore è stato registrato negli Stati Uniti, con il 94 per cento (ovvero la quasi totalità), mentre in Europa il dato è pari al 72 per cento.
La plastica è ormai entrata inesorabilmente all’interno della catena alimentare, e quindi dei nostri organismi, perché si trova nel cibo che mangiamo e nell’acqua che beviamo. Numerose agenzia sanitarie, ricercatori e perfino alcune industrie hanno ormai allertato sulla gravità del problema. Cosa fare? Invertire la rotta, l’unica soluzione è cambiare radicalmente le nostre abitudini, poiché basta guardarsi attorno, in casa, in ufficio o in qualsiasi luogo pubblico, per rendersi conto della quantità di oggetti costruiti sulla base di tale materiale.
“Tutta la plastica che viene prodotta continuerà ad esistere sulla Terra nella sua forma originaria. Non può sparire, poiché non esiste alcun mezzo per far sì che possa essere trasformata dalla natura”.