Approvato il decreto Ambiente, o meglio il ddl 1272 di conversione del dl 153 sulla tutela ambientale del Paese. Mi chiedo perché è stato intitolato alla “tutela ambientale”, in realtà va in un’altra direzione.
È nato come un decreto d’urgenza e dunque senza poter coinvolgere adeguatamente il Parlamento, ma qual è l’urgenza? Dovevamo approntate misure chiare da porre in atto nel brevissimo periodo per l’economia circolare, per creare quelle materie prime che in Italia non ci sono. Non abbiamo neanche combustibili fossili, ma il Governo insiste con le trivellazioni, ora anche a 9 miglia dalla costa (da 9 a 12). È stata inserita la tecnologia CCS, ossia la cattura e lo stoccaggio della CO2 come priorità per il Paese, una tecnologia obsoleta critica per l’ambiente e che non ha mai entusiasmato gli imprenditori, forse perché non è nemmeno sostenibile economicamente?
Tornando alle estrazioni di petrolio, saranno pochi barili che non saranno destinati alle imprese italiane, andranno al miglior offerente, in un’asta internazionale, per la legge del mercato.
La vera urgenza non c’è: la tutela dell’ambiente, la messa in sicurezza del territorio, la prevenzione per evitare alluvioni, la gestione oculata dell’acqua per l’agricoltura, nulla di tutto questo.
Ho proposto un emendamento, bocciato, per introdurre l’etichetta Water Footprint sui beni, per sensibilizzare produttori e consumatori sulla diminuzione del consumo d’acqua, e poi i certificati blu. Bilanci idrici chiari, ossia individuare criteri omogenei per il calcolo del contributo irriguo, che si basino sui consumi effettivi dell’acqua, al fine di incentivare l’uso efficiente della risorsa e disincentivare gli sprechi.
Si dice spesso che la coperta dei bilanci pubblici è corta, ma se questa coperta è già corta perché la usiamo per coprire un ponte sullo Stretto di Messina? Con tutti quei soldi potremmo sicuramente realizzare una rete d’acqua in Sicilia, creare lavoro green per i giovani ed evitare i disagi alla comunita dovuti alla scarsità d’acqua.