Sappiamo cosa fare, ma a conti fatti siamo lenti nel cambiare le nostre abitudini
Papa Francesco all’Angelus oggi ha parlato del grave problema della siccità: «Si intervenga subito! Auspico che si attuino misure necessarie per fronteggiare queste urgenze e prevenire le emergenze future. La tutela del Creato è responsabilità di ciascuno di noi. Non è una moda, il futuro della Terra è nelle nostre mani e nelle nostre decisioni».
Certo bisogna intervenire subito, ma anche subito è troppo tardi. La siccità di cui anche Papa Francesco ci parla è collegata ai cambiamenti climatici, quindi dobbiamo agire a livello globale e locale, decarbonizzare l’economia; se ne parla da molti anni ormai, dai primi concetti di green economy. Nel 2011 l’Unep infatti definì la green economy come un’economia verde a basso tenore di carbonio, efficiente del punto di vista delle risorse e socialmente inclusiva.
In pratica, nella green economy gli investimenti pubblici e privati devono essere utili alla crescita del reddito e dell’occupazione e allo stesso tempo far diminuire le emissioni di CO2 e l’inquinamento, aumentando l’energia rinnovabile e l’efficienza delle risorse, impedendo al contempo la perdita di biodiversità e dei servizi ecosistemici: gli stessi concetti che si ritrovano oggi nella strategia Green new deal.
Gli anni passano, sappiamo cosa fare ma a conti fatti siamo lenti nel cambiare le nostre abitudini. Questa notte in Lussemburgo si è concluso il Consiglio Ue dei ministri dell’Ambiente, con notizie pare positive. Si è giunti ad un accordo sui tredici pilastri per ridurre del 55% le emissioni climalteranti nel 2030 rispetto al 1990, il cosiddetto ‘Fit for 55′. L’obiettivo principale è la neutralità climatica, virando realmente verso un modello economico ecologico.
Uno stop deciso si è riscontrato sulla decarbonizzazione del settore trasporti, ponendo al bando le auto termiche a partire dal 2035 con la conferma dell’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 al 100%.
Dovrà ovviamente essere sostenuto il settore automotive, le imprese del comparto e i cittadini per una necessaria trasformazione della mobilità, settore critico già evidenziato nel Green new deal, e allo stesso tempo si abbatte l’inquinamento nelle nostre città italiane, tutelando la salute dei cittadini ed evitando le infrazioni europee per il superamento di inquinanti come il NOx e il particolato.
Si ribadisce inoltre la necessità di lavorare a forme alternative di carburanti a basse emissioni, come l’idrogeno, l’ibrido plug-in e le fonti sintetiche. Sulla deroga per i biocarburanti, mi auguro che si tenga conto dell’importanza della sicurezza alimentare, tra l’atro questa questione è stata discussa nel G7, dove i leader si sono impegnati per ulteriori 4,5 miliardi di dollari sulla sicurezza alimentare, per un totale di oltre 14 miliardi di dollari da destinarsi a proteggere i più vulnerabili dalla fame e dalla malnutrizione.
Altri traguardi importanti raggiunti dal Consiglio dell’Ue sono: il Fondo sociale per il clima, con 59 miliardi di euro per aiutare i Paesi più fragili a raggiungere gli obiettivi (ma ricordiamo che si era partiti da 72), da utilizzare soprattutto per combattere la povertà energetica; un chiaro sì alla rimodulazione del sistema Ets, con cui si “scambiano” le quote di emissioni inquinanti concesse alle aziende.
Le notizie sulla grave crisi energetica giungono infine dalle dichiarazioni finali del G7: si punta a diversificare, aumentando gli investimenti sulle rinnovabili, nel breve e lungo periodo, e finalmente si parla di price cap: «Adotteremo misure immediate per garantire l’approvvigionamento energetico e ridurre i prezzi e le impennate guidate da condizioni di mercato straordinarie, anche esplorando misure aggiuntive come il price cap su petrolio e gas […] Riaffermiamo il nostro impegno a eliminare gradualmente la nostra dipendenza dall’energia russa, senza compromettere i nostri obiettivi climatici e ambientali». Questo dichiarano i nostri leader. Ci auguriamo che gli intenti sottoscritti nella relazione finale procedano realmente e siano osservati da tutti i paesi Ue: anche l’Italia deve fare la sua parte.
Resta un ultimo grande fantasma da affrontare: l’inflazione, e aggiungo “globale”, in quanto oggi coinvolge gran parte dei Paesi a livello mondiale, e questo ci fa capire come ormai non possiamo agire da separati in casa ma da comunità globale.
La comunità globale ha problemi globali, e solo uniti sarà possibile compiere l’impossibile. Non possiamo più parlare solo di geopolitica, ma di politica della biosfera. La Bce si prepara ad un’ azione di politica monetaria, affrontando il caro dei prezzi che i cittadini stanno già percependo con gli aumenti della benzina, dei generi alimentari, vedendo precipitare il loro reddito reale: alzerà i tassi, ossia il costo del denaro almeno di 25 punti base alla prossima riunione del 21 luglio. Ma questo non basterà, ci sono problemi strutturali e congiunturali da affrontare, dobbiamo cambiare rotta.
Pubblicato su GreenReport.it