Dell’ Agenda Strategica 2019-2024, se ne discuterà nel consiglio Europeo del 20-21 giugno 2019.
L’Agenda strategica è utilizzata per pianificare il lavoro del Consiglio europeo e come base dei programmi di lavoro delle altre istituzioni dell’UE.
Il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha presentato al vertice informale di Sibiu del 28 maggio scorso uno schema per l‘Agenda strategica dell’UE per il periodo 2019-2024 articolato in quattro tematiche principali:
Con riferimento allo sviluppo della base economica e all’individuazione di un modello europeo per il futuro, si propone che l’Agenda affronti la necessità di mobilitare tutte le politiche pertinenti al fine di rafforzare il mercato unico, una strategia industriale e l’UEM; gli investimenti nel futuro, a partire da istruzione, innovazione e ricerca, nonché investimenti infrastrutturali e la promozione di un’agricoltura sostenibile; la promozione di condizioni di parità tra gli attori economici, partendo dalla lotta alla concorrenza sleale e dalla sicurezza delle catene di approvvigionamento, nonché la necessità di accogliere pienamente la transizione digitale, sviluppando l’intelligenza artificiale e garantendo connettività e accesso ai dati.
Per quanto riguarda la costruzione di un futuro più verde più equo e più inclusivo, si propone di garantire energia sostenibile, sicura e a prezzo accessibile, favorendo, in particolare, un’accelerazione della transizione energetica, aumentando l’indipendenza energetica e investendo nella mobilità del futuro; promuovere l’inclusività, attraverso una lotta alle disuguaglianze e le disparità, anche attraverso la politica di coesione, e un’adeguata protezione sociale; salvaguardare l’ambiente e il clima, mirando alla neutralità climatica e salvaguardando la biodiversità; salvaguardare il modo di vivere europeo, attraverso il sostegno alle comunità nella gestione della transizione verde, la protezione dei consumatori e della salute e investendo nella cultura. Con riferimento alla promozione dei valori e degli interessi dell’Europa nel mondo, l’Agenda propone di difendere gli interessi dell’UE attraverso un’affermazione degli interessi europei in campo economico, la garanzia della coerenza delle politiche esterne, la promozione della pace e della stabilità del vicinato, nonché la promozione degli investimenti e della cooperazione nel settore della difesa; promuovere regole globali volte a mantenere e sviluppare l’ordine multilaterale, perseguire una politica commerciale solida, ambiziosa ed equilibrata; proiettare i valori dell’UE, al fine di promuovere l’Europa quale modello di cooperazione, adoperarsi per realizzare pace e stabilità a livello mondiale e promuovere la democrazia e i diritti umani; affrontare le sfide globali, assumendo un ruolo guida a livello mondiale nella lotta contro i cambiamenti climatici, cooperando con i paesi partner in materia di migrazione e promuovendo lo sviluppo sostenibile.
In base al progetto di conclusioni, il Consiglio europeo dovrebbe richiamare il vertice sull’azione per il clima convocato dal Segretario generale dell’ONU, sottolineandone l’importanza al fine di intensificare l’azione globale per il clima e raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e dovrebbe compiacersi per la partecipazione attiva degli Stati membri e della Commissione ai preparativi. Inoltre, a seguito delle discussioni tenute nei mesi scorsi a livello settoriale, dovrebbe invitare il Consiglio e la Commissione europea a lavorare ulteriormente alle condizioni, agli incentivi e al quadro da predisporre al fine di sostenere la transizione equa verso un’Unione europea a impatto climatico zero, in base alle misure messe in atto per raggiungere gli obiettivi di riduzione al 2030. Il Consiglio europeo dovrebbe quindi annunciare orientamenti al riguardo entro la fine dell’anno in vista dell’adozione della strategia a lungo termine dell’Unione europea entro il 2020. Infine, dovrebbe riaffermare l’impegno dell’UE e degli Stati membri ad incrementare il ricorso a finanziamenti internazionali per il clima provenienti da varie fonti e ad operarsi a favore di una tempestiva e ben gestita ricostituzione del Fondo verde per il clima.
Il vertice sull’azione per il clima del Segretario generale dell’Onu si terrà a New York il 23 settembre 2019 e in tale occasione i leader saranno chiamati a presentare contributi nazionali aggiornati (INDC) e più ambiziosi entro il 2020, in linea con l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 45% nel prossimo decennio e di azzeramento netto delle stesse entro il 2050. Si ricorda che gli INDC, ovvero i contributi volontari degli Stati in termini di riduzione delle emissioni nazionali climalteranti e di adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici, rappresentano uno dei punti centrali dell’Accordo di Parigi sul clima (vd infra) e sono fondamentali al raggiungimento degli obiettivi a lungo termine ivi previsti. Sono stati presentati al momento dell’adesione all’Accordo, e devono essere rinnovati ogni 5 anni sulla base di un meccanismo di revisione degli impegni assunti. L’ACCORDO DI PARIGI L’Accordo di Parigi sul clima è stato siglato il 12 dicembre 2015 nell’ambito della 21a Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP21), e firmato il 22 aprile 2016 a New York da oltre 170 Paesi. Adottato con decisione 1CP/21 entrerà in vigore dal 2021. Esso prevede un’azione globale per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra allo scopo di contenere a lungo termine l’aumento di temperatura del pianeta al di sotto dei 2° gradi e di proseguire gli sforzi per contenerlo a 1,5°. A tal fine, le parti dovranno raggiungere il picco globale di emissioni prima possibile, per intraprendere rapide riduzioni in seguito. Le parti dovranno preparare, comunicare e mantenere i contributi determinati a livello nazionale (INDC) che intendono progressivamente conseguire. Gli INDC dell’UE, presentati nel marzo 2015, prevedono una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra almeno del 40% entro il 2030. Gli impegni saranno differenziati sulla base delle realtà nazionali: solo i paesi industrializzati sono tenuti a ridurre drasticamente le emissioni in termini assoluti, mentre quelli in via di sviluppo sono incoraggiati a farlo man mano che si evolvono le loro capacità. Le parti dovranno riunirsi ogni 5 anni per stabilire obiettivi più ambiziosi in base alle conoscenze scientifiche e, in ossequio al principio della trasparenza, dovranno riferire agli Stati membri e all’opinione pubblica come intendono raggiungere gli obiettivi fissati e segnalare i progressi compiuti attraverso un sistema basato su trasparenza e responsabilità.
L’Accordo inoltre sostiene una finanza per il clima nella misura in cui prevede che i paesi più ricchi offrano sostegno finanziario a quelli più poveri a ridurre le loro emissioni e ad adattarsi ai cambiamenti climatici. La defini 12 ha chiesto la tempestiva messa a punto delle strategie nazionali a lungo termine. Infine, ha invitato il Consiglio a intensificare i lavori relativi a detta strategia in vista di un’ulteriore discussione in sede di Consiglio europeo del giugno 2019. L’urgenza di intensificare gli sforzi globali per evitare gli effetti pericolosi dei cambiamenti climatici è stata dichiarata anche il 9 ottobre 2018 dal Consiglio Ambiente dell’UE e ribadita dallo stesso il 16 febbraio 2019 nelle Conclusioni sulla Diplomazia climatica, incentrate sull’esigenza “di accrescere l’ambizione globale e di rafforzare il multilateralismo”. In tale documento ha ribadito il fermo impegno dell’Ue a favore dell’Accordo di Parigi, si è compiaciuto dei risultati positivi conseguiti dalla COP24 e ha ribadito che l’azione per il clima non ambisce semplicemente a ridurre le emissioni dei gas a effetto serra, ma anche ad affrontare le implicazioni dei cambiamenti climatici per la pace e la sicurezza. Infine, ha ricordato che il 2019 è un anno cruciale per accelerare l’azione per il clima a livello nazionale e innalzare il livello di ambizione globale nel perseguimento dello sviluppo sostenibile, sotto la guida delle Nazioni Unite. Nelle Conclusioni sulla diplomazia climatica il Consiglio ha inoltre dichiarato l’intenzione dell’Unione europea di presentare alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) entro il 2020 una strategia ambiziosa e a lungo termine volta alla neutralità climatica per implementare l’Accordo di Parigi. LA STRATEGIA A LUNGO TERMINE DELL’UE PER UN’ECONOMIA CLIMATICAMENTE NEUTRA Il 28 novembre 2018 la Commissione ha presentato la comunicazione “Un pianeta pulito per tutti. Visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra” (COM(2018)773). La comunicazione costituisce il contributo della Commissione alla strategia di sviluppo a lungo termine dell’UE a basse emissioni di gas a effetto serra, che dovrebbe essere adottata e comunicata entro il 2020 alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, conformemente all’Accordo di Parigi. In parallelo, ogni Stato membro dovrà elaborare una propria strategia nazionale a lungo termine. Si ricorda che l’Accordo di Parigi, all’articolo 4, prevede che le parti presentino le rispettive strategie di sviluppo a lungo termine a basse emissioni di gas serra per il conseguimento degli obiettivi contemplati dall’Accordo. La visione della Commissione, che auspica per l’Europa un ruolo guida a livello internazionale nell’azione per il clima, prevede il mantenimento dell’aumento della temperatura del pianeta ben al di sotto della soglia di 2° rispetto ai livelli dell’epoca preindustriale, ma prevede anche la prosecuzione degli sforzi volti a limitare tale aumento all’1,5% azzerando le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050. Con tale finalità la proposta di strategia prospetta una trasformazione profonda dell’economia e della società europee lungo sette direttrici strategiche: efficienza energetica; diffusione delle energie rinnovabili e aumento dell’elettrificazione; mobilità pulita, sicura e connessa; competitività industriale ed economia circolare; infrastrutture e interconnessioni; bioeconomia e pozzi naturali di assorbimento del carbonio; gestione delle emissioni residue tramite la cattura e lo stoccaggio del carbonio.
La stessa strategia assegna un ruolo significativo ai piani nazionali integrati per il clima e l’energia presentati dagli Stati membri. Si ricorda che l’Italia ha inviato l’8 gennaio 2019 alla Commissione UE la propria proposta di Piano nazionale integrato per l’energia e il clima per il periodo 2021-2030, che sul fronte delle emissioni di gas serra prevede una riduzione del 33% per tutti i settori che non rientrano nell’ETS. Nella stessa strategia la Commissione UE ha rivolto l’invito a tutte le pertinenti formazioni del Consiglio a proseguire il dibattito in vista del vertice informale dei Capi di Stato o di Governo tenutosi il 19 maggio 2019 a Sibiu, nell’ambito quale è stata discussa l’agenda strategia dell’Ue per il 2019- 2024. Nella Dichiarazione adottata, i leader si sono impegnati, tra l’altro, a lavorare con i partner 13 mondiali per affrontare congiuntamente sfide mondiali quali la tutela dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici. La proposta di strategia presentata dalla Commissione fa seguito ad un invito del Consiglio europeo e del Parlamento europeo. L’impegno dell’Unione a dare attuazione all’Accordo di Parigi, ritenuto un “elemento chiave per la modernizzazione dell’industria e dell’economia europee”, era stato ribadito nel corso del Consiglio europeo del giugno 2017, mentre il 22 marzo 2018 il Consiglio europeo aveva invitato la Commissione europea “a presentare, entro il primo trimestre del 2019, una proposta di strategia a lungo termine dell’UE per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra conformemente all’accordo di Parigi, tenendo conto dei piani nazionali”. Anche il Parlamento europeo, nell’ottobre 2017, invitava la Commissione a “elaborare, entro la COP24, una strategia dell’UE per l’azzeramento delle emissioni entro la metà del secolo”. Infine, il regolamento 2018/1999 sulla governance dell’Unione dell’energia prevedeva (articolo 15) che la Commissione presentasse una strategia a lungo termine dell’UE entro aprile 2019.
FINANZIAMENTI INTERNAZIONALI PER IL CLIMA
L’Unione europea è il maggior contribuente di finanziamenti per il clima a favore dei paesi in via di sviluppo e il primo donatore di aiuti al mondo: complessivamente eroga più della metà di tutta l’assistenza pubblica allo sviluppo. I cambiamenti climatici sono sempre più integrati nella strategia di sviluppo dell’UE in senso lato. Attualmente, in base al Quadro finanziario pluriennale in corso (2014-2020): · 206 miliardi di euro (almeno il 20% del bilancio dell’UE) sono destinati all’azione per il clima · almeno 14 miliardi di euro di sovvenzioni pubbliche, per una media annua di 2 miliardi di euro, sostengono attività nei paesi in via di sviluppo · i finanziamenti per l’azione internazionale per il clima sono più che raddoppiati rispetto alla media del periodo 2012-2013. Inoltre, l’UE e gli Stati membri sono andati al di là dell’impegno di fornire 7,2 miliardi di euro a titolo di “finanziamento rapido” nel periodo 2010-2020 per azioni immediate sul campo nei paesi in via di sviluppo, erogando 7,34 miliardi di euro. Nell’ambito del Programma LIFE per l’ambiente e l’azione per il clima, che dispone di una dotazione finanziaria di 3,4 miliardi di euro, tra il 2014 e il 2020 sono stati destinati 864 milioni di euro al cofinanziamento di progetti relativi al clima. Il sottoprogramma “Azione per il clima” del Programma LIFE sostiene le autorità pubbliche, le organizzazioni non governative e i settori privati, in particolare le piccole e medie imprese, nello sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio e di adattamento, nonché di nuovi metodi ed approcci. Per il prossimo Quadro finanziario pluriennale (2021-2027) la Commissione europea ha proposto di destinare il 25% del bilancio (320 miliardi di euro) al raggiungimento degli obiettivi climatici e di fissare un obiettivo più ambizioso di integrazione degli aspetti climatici in tutti i programmi dell’UE. Inoltre, nell’ambito dei futuri programmi di spesa settoriali la Commissione europea ha proposto di aumentare sensibilmente la dotazione dell’attuale Programma LIFE per il clima e l’ambiente portandola a 5,4 miliardi di euro (+70,3%). Nella Relazione presentata ai sensi dell’art. 6, c. 4 della Legge n. 234/2012, il Governo ha salutato con particolare soddisfazione l’incremento di 2 miliardi di euro rispetto alla dotazione finanziaria prevista nel QFP 2014-2020, in considerazione del fatto che l’Italia rientra “nel novero dei Paesi che più hanno beneficiato dei finanziamenti europei dedicati al settore dell’ambiente e del clima (il nostro 14 Paese si pone al primo posto, insieme alla Spagna, per finanziamenti ricevuti e per numero di progetti finanziati nell’ambito dell’attuale programma LIFE)” L’Unione europea contribuisce poi all’obiettivo dei paesi sviluppati di rendere disponibili congiuntamente 100 miliardi di dollari all’anno fino al 2020 a sostegno dei paesi in via di sviluppo. Con l’Accordo di Parigi tale termine è stata prorogato al 2025. I fondi proverranno da fonti pubbliche e private, bilaterali e multilaterali, nonché da fonti alternative di finanziamento nel contesto di azioni significative di mitigazione. Il Fondo verde per il clima (GCF) è stato istituito alla Conferenza sul clima di Cancún (COP 16) nel 2010. Questo fondo dell’ONU svolge un ruolo centrale per convogliare le risorse finanziarie verso i paesi in via di sviluppo e catalizzare i finanziamenti privati per il clima. L’Ue e gli Stati membri si sono impegnati a fornire quasi la metà delle risorse del fondo, circa 4,7 miliardi di dollari. In occasione della prima Conferenza dei donatori del Fondo, nel novembre 2014, l’Italia si è impegnata a contribuire alla prima capitalizzazione con una cifra pari a 250 milioni di euro. In seguito poi ad un accordo tra il Ministero dell’ambiente e la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS) in qualità di fiduciario del GCF, l’Italia ha stabilito di corrispondere 50 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2016-2018, come previsto dalla Legge n. 204 del 4 novembre 2016 con la quale l’Italia ha ratificato l’Accordo di Parigi.