PIU’ INCENTIVI CONTRO LE EMISSIONI INQUINANTI
Pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno il 17 Maggio 2017
Come sapete l’Italia è stata colpita da alcune procedure di infrazione da parte della Commissione Europea, per la mancata attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente. Nel 2014 i valori limite di particolato, soprattutto della frazione del PM 10 vengono superati, e nel 2015 tocca ai valori limite di biossido di azoto (NO2); in seguito nel 2017 vi è il mancato recepimento della direttiva 2015/1480/UE relativa ai metodi di riferimento, alla convalida dei dati e all’ubicazione dei punti di campionamento per la valutazione della qualità dell’aria ambiente, attualmente rientrato nei termini richiesti. In questi giorni, in commissione speciale, uno degli atti di Governo sottoposto a parere Parlamentare è lo schema del decreto legislativo recante l’attuazione della direttiva UE 2016/2284, in materia appunto di riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici.
La direttiva è finalizzata a promuovere il raggiungimento nel 2030 di livelli di qualità dell’aria tali da non causare impatti negativi sull’ambiente ed evitare rischi per la salute umana; prevede il controllo, il monitoraggio e il successivo inventario, delle emissioni di una serie di inquinanti provenienti da processi antropici. Il decreto mira quindi a ottenere un miglioramento della qualità della nostra vita e della salute dell’ecosistema. Molte zone del Paese, come ad esempio una serie di città della pianura padana, soffrono di alte concentrazioni di inquinanti come appunto l’ ossido di azoto, il particolato atmosferico ecc., ma se non siamo stati capaci di rispettare i limiti della legge ora in vigore, con conseguente apertura dell’iter sanzionatorio previsto dalla CE, riusciremo nei prossimi anni a raggiungere gli obbiettivi richiesti? Dal 2005 al 2015, la concentrazione in atmosfera degli ossidi di azoto (NOx), con l’adozione di tecnologie meno impattanti si è ridotta del 38% ma l’obbiettivo da raggiungere nel 2030 è una riduzione del 65%; il particolato nei fumi, e precisamente la parte di polveri sottili ( PM 2.5), dal 2005 al 2015 si è ridotto solo del 4% , mente nel decreto si richiede una diminuzione del 40% per il 2030. Siamo ovviamente di fronte ad una grande sfida, meno complessa è la situazione per le altre sostanze sottoposte a controllo: il biossido di zolfo, i composti organici volatili non metanici e l’ammoniaca. Il cuore del decreto è l’elaborazione e in seguito l’adozione e l’attuazione del “programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico”, ossia il documento che descrive la strategia da adottare per ridurre effettivamente la concentrazione di questi inquinanti.
Il programma doveva essere elaborato dal Ministero dell’Ambiente entro il 30 Settembre 2018, ma è stata richiesta una ovvia proroga vista l’importanza e la delicatezza dell’argomento. Come membro della commissione ambiente del Senato, ho seguito l’iter dell’atto di governo nella commissione speciale, e presenziato le audizioni del Governo, e degli enti di supporto al Ministero dell’Ambiente: ISPRA, ENEA, CNR. Nella stesura del parere della nostra commissione ho richiesto di integrare il documento con alcune mie osservazioni. Mi sono chiesta su chi avrebbe pesato questa direttiva, sicuramente alla rete delle PMI Italiane che lottano costantemente contro le innumerevoli difficoltà a cui sono sottoposte, cercando di essere competitive in un mercato globalizzato in continua trasformazione. Nei documenti che ho analizzato si parlava di sanzioni, ma mai di incentivi, di sgravi fiscali di semplificazione amministrativa. Ho quindi inviato il mio contributo: inserire nel programma nazionale una strategia che preveda l’affiancamento delle piccole medie imprese, soprattutto dei settori energia, trasporti, industria, agricoltura, pienamente investiti da questo decreto. Le aziende Italiane hanno l’impellente necessità di investire in Ricerca & Sviluppo, in nuove tecnologie green, per migliorare il gap tecnologico che sussiste fra loro e le industrie degli altri Paesi. Nel momento in cui si richiede al tessuto produttivo di abbattere le proprie emissioni inquinanti scaturite dai loro processi, devono essere previsti incentivi e qualsiasi altra forma di sostegno, per poter porre le imprese nella condizione di produrre in modo sostenibile, sia economicamente che ecologicamente. Questo potrà evitare di gravare ancora sull’occupazione, anzi se la criticità è gestita in maniera ottimale potrà aumentare i posti di lavoro. Inoltre, la diminuzione degli inquinanti in atmosfera è legata alla produzione dei rifiuti in quanto Il miglioramento continuo dei processi di trasformazione delle materie prime in prodotti o merci, ovvero l’applicazione dell’economia circolare, porta miglioramenti sia sulla diminuzione degli inquinanti atmosferici che sulla decrescita di residui, scarti e rifiuti. Infine, ho sottolineato, la necessità del coinvolgimento di tutti gli stakeholder nel processo di stesura del programma, quindi, non solo esperti o enti governativi, ma anche le PA regionali, le associazioni di categoria imprenditoriale, agroalimentare e industriale/artigianale. Prima di sanzionare, diamo voce al territorio, alle realtà imprenditoriali, solo loro hanno una chiara conoscenza delle esternalità negative ambientali legate al sistema produttivo Italiano, che aimè, negli ultimi anni è stato abbandonato al suo destino.