Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che deve soddisfare le esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie. Contiene due concetti fondamentali: il concetto di “bisogni” e l’idea di “limitazione” (Relazione Brundtland). Ma quali sono le necessità umane? In cosa dobbiamo limitarci?
Con il secondo decennio del ventunesimo secolo è diventato chiaro che, l’homo sapiens piuttosto che spingere i suoi sforzi nella protezione della sua biosfera planetaria e delle specie viventi, continua a depauperare le risorse rimanenti in armi, inclusi i missili nucleari, aumentando così il rischio di diffusione accidentale di radioattività sulla terra, negli oceani e in atmosfera. Con il tempo la possibilità diventa probabilità e la probabilità diventa certezza, e le generazioni future rischiano di annunciare una transizione dall’era antropocenica ad un nuovo periodo geologico: il Plutocene.
L’antropocene è iniziato con la Rivoluzione Industriale nel 1750, e con l’insorgere di armi nucleari e emissioni nettamente aumentate della metà del XX secolo, mentre il Plutocene, termine coniato dal paleoclimatologo Andrew Glikson, descrivere un periodo post-antropocenico segnato da uno strato sedimentario ricco di plutonio negli oceani.
Durante il Plutocene la biosfera è dominata da temperature elevate, analoghe alle ere preisotriche: Pliocene o al Miocene, quando le temperature globali erano da 2 a 4 gradi Celsius, e il livello del mare di circa 20 – 40 metri superiori ai livelli preindustriali. In queste condizioni, i centri di popolazione e di allevamento nelle basse zone costiere e nelle valli dei fiumi sarebbero inondati e gli esseri umani costretti a cercare latitudini e altitudini per sopravvivere. Quanto durerà il Plutocene? La lunghezza futura di questa era dipenderà da due fattori: dai tempi di decadimento del plutonio radioattivo ( 24.100 anni ) e della CO₂ in atmosfera (20.000 anni).