LA MIA MISSION: Virare verso un nuovo modello economico-ecologico

What happens when an infinite growth economy runs into a finite planet?

Herman Daly ha chiamato questo nuovo mondo   “full world”.  Quali sono le  implicazioni economiche di vivere in un full world? Da un’attenta analisi scopriamo che l’economia globale è un’asta globale, nella migliore delle ipotesi. “Nella migliore delle ipotesi”, perché non tutti hanno accesso equo e completo all’asta. Molti contratti sono già stati firmati, in quanto alcuni paesi hanno “eserciti “ più grandi di altri, etc. L’essenza è questa, un mondo globalizzato  trasforma l’economia in un’asta globale,  con più persone che fanno   offerte per un numero inferiore di risorse.  L’impronta di carbonio è cresciuta in modo particolarmente rapido negli ultimi anni, per l’uso della tecnologia che sfrutta il suolo e le altre risorse in  modo intensivo.

L’impronta ecologica Fig. n. 1 (linea che sale in verticale) è un indicatore della quantità di risorse  utile ad una popolazione umana per la propria esistenza, in  altre parole,  misura la quantità  di capitale naturale che usiamo e la confronta con quanto abbiamo (biocapacità).  La linea di biocapacità piatta orizzontale  indica  che abbiamo sempre e solo un pianeta. Ma un pianeta che, ahimè, non è capace di sostenerci a questi ritmi e sta cambiando  attraverso il riscaldamento globale.  Considerando i calcoli di impronta ecologica effettuati dal Global Footprint Netwark, osserviamo che siamo entrati in una nuova era, definita da vincoli di  biocapacità. Nella vecchia era, come indicato nella Fig. n. 2 (situazione nel 1961),  la maggior parte dei paesi erano ecologicamente creditori, ossia le risorse non erano ristrette, i residenti dei paesi  consumavano in media meno risorse di quelle che i loro  ecosistemi potevano rigenerare (più scuro è il verde più alto è il rapporto). La situazione è cambiata nel tempo come raffigurano le mappe del 2007 e del 2010 ( Fig. n. 3, Fig n 4). I paesi creditori ecologici, sono diminuiti, e sono dotati  di una riserva di risorse naturali che li porta ad avere un vantaggio economico e a rafforzare le posizioni strategiche. I Paesi debitori ecologici al contrario sono aumentati e con il loro deficit ecologico dipendono dalle importazioni nette, sono quindi a carico economico dei  paesi creditori( più scuro è il rosso più sono in deficit).  Il numero dei paesi debitori ecologici aumenta nel tempo, la zona rossa si espande.  Lasciamo spazio alle vostre conclusioni …                                                                                                                                                                                                                      Non abbiamo ancora il coraggio di mettere in discussione la crescita economica?               

Fig, n. 1: Impronta ecologica e biodiversità, scenari futuri.

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Fig. n. 2:  Paesi in credito ecologico e in debito ecologico nel 1961. 

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Fig.  n. 3: Paesi creditori e debitori ecologici nel 2007.

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Fig. n. 4: Paesi creditori e debitori ecologici nel 2010.

Molti centri di ricerca a livello mondiale sono impegnati sulle problematiche ambientali, e in tanti dimostrano che   stiamo distruggendo la capacità della Terra di sostenere la vita, ma gli economisti tradizionali ci dicono che la crescita infinita è essenziale per mantenere e migliorare la nostra qualità della vita. I  Paesi lotteranno per accaparrarsi le risorse, lo fanno già, dobbiamo solo aspettarci un aumento dei conflitti. Questo porterà benessere?

Patty L’Abbate

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